La sfida dell’associazione COAB APS è di proporre il cohousing come forma abitativa prima di tutto collaborativa, solidale e basata sul mutuo appoggio ma anche realizzabile facilmente, subito ed accessibile finanziariamente a tutti.
Un cohousing village è un villaggio di case mobili su terreno agricolo non edificabile promosso da un ente del terzo settore.
Secondo il codice del terzo settore (art.71), le sedi di operatività degli enti del terzo settore (ETS) e cioè le organizzazione di volontariato e le associazione di promozione sociale, possono andare in deroga ai titoli edilizi.
Ciò significa per esempio che su un terreno agricolo in linea di principio (nessuno l’ha mai fatto ma serve un caso-pilota che apra la strada per tutti) dovrebbe essere possibile costruire un villaggio di case mobili con strutture collettive mobili (yurte e cupole geodetiche per esempio) in quanto non modificano l’assetto urbanistico del territorio, se e solo se, il terreno è di proprietà o in locazione ad un ETS e le attività rientrano tra le attività generali previste dal codice del terzo settore.
Ci sono delle sentenze del TAR che per altri casi simili danno ragione ad ETS denunciati dai comuni per abuso edilizio.
Quindi se si fa una iniziativa che non modifica il territorio dovrebbe essere possibile realizzare un villaggio di case mobili e rendere cosi il cohousing una iniziativa per tutti e non solo per i ricchi (chi ha soldi da parte per comprare casa) e cioè la maggior parte dei giovani che ha un lavoro precario. Restituendo cosi la natura intergenerazionale al cohousing e non riducendolo al business del senior cohousing.

Commenta